di Gionatan De Marco, direttore UNTS della CEI
Itinera stuporis sono i Cammini di fede che attraversano in lungo e largo il nostro Paese. Cammini scritti dai passi di pellegrini e di santi che uniscono borghi e raccontano vite in cerca di senso. Cammini colorati da Bellezza espressa su pietre e impressa su volti che accompagnano lungo la strada i cercatori di oggi a vivere esperienze per la vita e la speranza attraverso la proposta del turismo conviviale. Cammini che si fanno laboratorio di felicità, per riscoprirsi continuamente amati e perdonati e per questo chiamati a fare della propria vita un capolavoro.
Cammini che sono scuola di stupore di fronte a ciò che accade, a chi si incontra e a ciò che si vive per tornare nella propria terra trasfigurati, più consapevoli di sé, del creato, dell’altro e di Dio, facendo continuamente esperienza di essere ospitali ospitati nella reciprocità del dono, frutto dell’essenzialità che ogni esperienza di cammino muove nel cuore degli uomini, fino a diventare urgenza e stile di vita.
L’arte di camminare ci fissa, mette in prospettiva le nostre esistenze, ci offre quella distanza per riconoscere i nostri pochi veri bisogni. Di fronte all’imperativo attuale che vuol farci divorare tutto e in fretta, l’arte di camminare ci mette in contatto con il ritmo lento della terra e del cuore, ci fa essere presenti al mondo, energici e concentrati. A poco a poco, il turbinio si calma, rallentato dalla monotonia dei passi. A poco a poco, ci si apre al mondo, in cammino con il Tutto, lontano dalla pesantezza della vita. Sulla strada si ritrova la luce, talvolta della fede. E prima ancora della fede in un altrove, sarà fede nell’esistenza, negli altri e in se stessi .
E il nostro Paese è cerniera tra innumerevoli Cammini che legano il passato col futuro, i Cammini già fatti e quelli ancora da realizzare. Cammini che si snodano su infinite direttrici abbracciate da costellazioni di percorsi, ma uniti da un’esperienza: l’esperienza dei Cammini di fede, secondo un modello italiano.
È qui il punto nevralgico della mia riflessione, nata dall’osservazione di politiche e progettualità che hanno preso un modello di Cammino – quello che porta a Santiago de Compostela – e lo hanno ribaltato sul nostro territorio e nelle nostre esperienze. Ritengo che non ci sia scelta più sbagliata dal punto di vista culturale e di marketing.
Il Simposio nelle due sessioni di Acireale e Gemona, invece, vuole definire un possibile modello italiano dei Cammini di fede, che ne riconosca le peculiarità e ne definisca l’identità. Identità legata dalle coordinate del senso e da quelle dello stile.