UFFICIO NAZIONALE PER LA PASTORALE DEL TEMPO LIBERO, TURISMO E SPORT
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Da tempo liberato a tempo per sé

Il leisure time come esperienza umana e sociale
14 Marzo 2022

Riflettere sul tempo libero significa anche storicizzarlo ossia comprendere quanto la sua evoluzione abbia determinato ciò che è adesso. Anzitutto occorre “liberarlo” da alcune frizioni semantiche che caratterizzano la dicitura italiana. “Tempo libero”, infatti, rimanda alla liberazione da qualcosa. Quel “qualcosa” è il lavoro moderno, formalizzato dal paradigma scientifico di Frederick Taylor e concretizzato da imprenditori come Henry Ford.

Si trattava di una configurazione del lavoro standardizzata, sbilanciata su rigide prestazioni orarie e quindi alienante e spersonalizzante. Lo denunciò Charlie Chaplin nel 1936 girando e interpretando “Tempi moderni”, manifesto cinematografico contro gli effetti nefasti della catena di montaggio, metafora del potere coercitivo e disumano. L’operaio, finito il proprio turno, tornava a essere un individuo libero, “autorizzato” a dedicarsi alla cura dell’anima e al riposo fisico per poter sostenere, il giorno dopo, le fatiche lavorative.

Con il passare del tempo, questa idea di tempo libero, legata per lo più ai termini latini di otium e di recreatio, si allarga includendo altri significati. Si preferiscono così le due parole della lingua francese e inglese per specificarne il senso autentico: loisir e leisure. Entrambe indicano quel “tempo per sé”, teorizzato dallo storico francese Henry Corbin e inteso come “espressione di un nuovo bisogno sociale dell’individuo di disporre di se stesso per se stesso”.

Il riposo, il divertimento, il gioco, lo sport, il volontariato, la preghiera, diventano così “occupazioni” mirate a una crescita culturale disinteressata e simboli di una rinnovata partecipazione sociale. Un esempio di questa visione del leisure è il viaggio. Esso nasce “istituzionalmente” nel XVIII secolo come risposta a un’esigenza sociale sempre più urgente: conoscere meglio i luoghi e le atmosfere legate al mondo classico.

Si delinea così il cosiddetto Grand Tour, fatto da artisti, filosofi, scrittori che, nel pieno della maturità (30-40 anni), attraversavano per qualche mese l’Europa scoprendone le bellezze architettoniche e culturali. Una riproposizione in chiave moderna del Grand Tour è l’Erasmus, il progetto dell’Unione Europea che permette a studenti universitari di intraprendere un periodo di studio in una realtà accademica straniera. Nella contemporaneità, l’esperienza del “grande giro” si accorcia a causa dei processi di accelerazione sociale. Prevalgono gli itinerari “mordi e fuggi”, per lo più consumati nei weekend o in ritagli temporali.

Questo viaggiare “di fretta”, è favorito anche da alcune logiche commerciali come la diffusione delle compagnie aeree low cost o le offerte speciali sul web. Le esistenze delle persone risentono certamente di questa dimensione del “viaggio fast food”, ma non devono restarne stritolate. Un antidoto per riscoprire il “tempo per sé” è il pellegrinaggio. È un viaggio fuori e dentro di noi, senza limiti di tempo, ma con un meta ambiziosa: non soltanto quella di arrivare in un luogo sacro, ma soprattutto di toccarne la trascendenza e la meraviglia. E dare, così, pienezza alla propria fede sentendosi appagati e felici.

Massimiliano Padula, Sociologo dei processi culturali e comunicativi - Pontificia Università Lateranense