di Gionatan De Marco, direttore UNTS della CEI
Il trittico della Bellezza che abbiamo si qui descritto dà la possibilità al turismo conviviale di definire le coordinate dell’esperienza nei territori e con le comunità ospitanti e le vie per realizzarle e per attuare dei veri e propri percorsi educativi per la vita e la speranza degli ospiti e – nello stesso tempo – di chi ospita. Perché la questione educativa è sempre fatto di reciprocità. Da una parte la Comunità che fa della Bellezza la questione fondata e fondante in cui riconosce i tratti salienti della propria identità e le traiettorie attraverso cui vivere esperienze di testimonianza e di missione. Dall’altra parte l’ospite con la sua presenza dialogica spinge la Comunità a continui cambiamenti per rendere la Bellezza capace di parlare e di essere compresa per poter lasciare il segno e suscitare il desiderio di trasfigurazione.
Il turismo conviviale riconosce nell’educazione alla Bellezza il tratto più significativo del proprio essere a servizio della persona, perché essa possa riconoscersi come cosa molto bella e, di conseguenza, partecipe ad una storia conviviale dell’umanità. Infatti, il turismo conviviale non è mai un’esperienza solipsistica, ma racconta sempre di un rapporto tra l’ospite che cerca, la Comunità che lo accompagna e i messaggi che la Bellezza porta con sé. Il turismo conviviale accompagna la persona a sviluppare capacità relazionali che riconoscono nella Bellezza espressa e impressa i segni della Bellezza compressa, che lo portano a superare i limiti del gusto e lo immergono nella sorgente della Bellezza da cui attingere senso. Lo diceva Peppino Impastato, ucciso dalla mafia il 9 maggio 1978, a causa del suo impegno contro ciò che deturpa il bello originario presente nel mondo e in ogni persona: «Se si insegnasse la Bellezza alla gente, la si fornirebbe di un’arma contro la rassegnazione, la paura e l’omertà»[1]. È l’invito a guardare alla Bellezza come locus lucis[2], luogo di educazione e di salvezza per un mondo che sembra dirigersi sempre più verso una deriva nichilista, che dimentica l’uomo e la sua formazione integrale. Lo riconosceva Carlo Maria Martini quando, nella presentazione della lettera pastorale Quale Bellezza salverà il mondo?, citando lo scrittore russo Solgenitsin, scrive: «Il mondo moderno, essendosela presa contro il grande albero dell’essere, ha spezzato il ramo del vero e il ramo della bontà. Solo rimane il ramo della Bellezza, ed è questo ramo che ora dovrà assumere tutta la forza della linfa e del tronco»[3].
Già per Platone, come per Socrate prima di lui, era chiaro che attraverso la Bellezza la persona poteva essere accompagnata alla conoscenza dell’Essere attraverso un cammino che dalla bellezza dei corpi passa alla bellezza dello spirito per raggiungere la Bellezza in sé: «Perché questo è proprio il modo giusto di avanzare o di essere da altri guidato nelle questioni d’amore: cominciando dalle bellezze di questo mondo, in vista di quella ultima bellezza salire sempre, come per gradini, da uno a due e da due a tutti i bei corpi e dai bei corpi a tutte le belle occupazioni, e da queste alle belle scienze e dalle scienze giungere infine a quella scienza che è la scienze di questa stessa bellezza, e conoscere all’ultimo gradino ciò che sia questa bellezza in sé»[4]. Per Aristotele, verità, bontà e bellezza coesistono nella persona che, però, le rende evidenti con il suo agire. Infatti, «perché il bene si renda effettivamente visibile è necessaria l’educazione alla virtù: soltanto il virtuoso è in grado di percepire nella sua bellezza ciò che è veramente buono»[5], per raggiungere il fine ultimo del suo agire: la felicità. Per Sant’Agostino la Bellezza di ciò che è bello non dipende dal gusto del soggetto, ma «le cose sono belle perché le parti, per una sorta di intimo legame, danno luogo ad un insieme conveniente»[6] che rispecchia nel finito l’armonia infinita. In lui la Bellezza risulta essere una cosa sola con l’amore, la cui espressione massima riconosce nella Trinità[7]. Per San Tommaso d’Aquino ogni ente è, in virtù del suo atto d’essere, anche bello. La bellezza, con le sue caratteristiche di integritas, proportio e claritas, sembra manifestare il vero e il buono presenti nella realtà, evidenziando così il fondamento ontologico del bello, raggiungibile non attraverso le capacità conoscitive, ma attraverso le capacità desiderative[8]. Il rimando a Cristo, come realizzazione piena di ogni bellezza, accompagna tutta la riflessione estetica cristiana.
Se il mondo moderno cerca continuamente di estirpare il vero e il bene dall’orizzonte della conoscenza e della vita umana, la bellezza conserva il suo carattere attrattivo e, pertanto, ad essa può essere affidato il compito di condurre alla vita buona, che è essenzialmente fatta di virtù, se il desiderare Bellezza si dirige verso il desiderare il Bene e la Verità, che costituiscono le dimensioni essenziali di ogni azione educativa autentica il cui fine è la felicità della persona. E perché quest’azione educativa non può declinarsi nell’esperienza del turismo conviviale?
Il turismo conviviale, infatti, è un laboratorio di Bellezza della persona nell’amicizia.
Si tratta di porre in ogni persona le premesse per attivare processi di trasfigurazione, capace di far cogliere ognuno come relazione e di vivere la propria esistenza in tal senso, vivendo l’amicizia come fattore ontologico della vita, sentendola come cosa necessaria[9]. L’amicizia intesa non come possesso, assorbimento dell’altro, ma come reciprocità, come dono reciproco, intraprendendo un cammino rischioso e pieno di imprevisti, a volte pericoloso, ma che è l’unico che porta fuori di sé e all’incontro con l’altro, nella convivialità delle differenze, dove si impara a vivere l’uno per l’altro per vivere[10]. O, come direbbe Papa Francesco, vivere l’amicizia «è custodire la gente, l’aver cura di tutti, di ogni persona, con amore, specialmente dei bambini, dei vecchi, di coloro che sono più fragili e che spesso sono nella periferia del nostro cuore. E’ l’aver cura l’uno dell’altro nella famiglia: i coniugi si custodiscono reciprocamente, poi come genitori si prendono cura dei figli, e col tempo anche i figli diventano custodi dei genitori. E’ il vivere con sincerità le amicizie, che sono un reciproco custodirsi nella confidenza, nel rispetto e nel bene. In fondo, tutto è affidato alla custodia dell’uomo, ed è una responsabilità che ci riguarda tutti»[11].
Il turismo conviviale è una scuola dialogica in cui vige la maieutica reciproca.
Tutto ha inizio con una Parola. La parola è potentissimo mezzo di comunicazione… oggi velocissimo! Una parola che dà voce alla Bellezza della creazione e senza la quale ognuno di noi sarebbe una monade prigioniera di se stessa e incapace di alterità. Ma occorre una Parola forte, viva ed efficace, più tagliente di una spada a doppio taglio, ma che umanizza, perché portatrice di idee, di emozioni, suscitando in chi la ascolta reazioni anche opposte: pacifica o disturba, muove all’azione o paralizza. Soprattutto per la Parola data alla Bellezza, davanti ai quali non è possibile rimanere indifferenti, perché o affascina, o disgusta e sempre scomoda all’impegno e chiede di sollevare la coscienza sulle vette della Bellezza vera. E dalla Parola nasce il dialogo. E sulla strada del turismo conviviale si impara presto a raccogliere tessere e frammenti preziosi dai diversi laboratori del pensiero e dell’arte per ricomporre il mosaico dell’unica Bellezza. E si impara presto a costruire ponti di comunicazione con le ragioni e le parole degli altri, anche di coloro che sembrano rivestire i panni del rivale e la corazza del nemico. E le vie della Bellezza fondano cortili aperti dove i gentili di ogni provenienza trovano spazio e diritto di cittadinanza, perché in tutti ritrovano frammenti luminosi dell’Infinitamente piccolo, tradotto nelle diverse modulazioni dei linguaggi umani.
Il turismo conviviale traccia una pedagogia generativa del tu e del noi… attraverso il wow.
Innanzitutto educando a dare del tu[12]. È imparare a guardare l’altro negli occhi, da pari, senza la presunzione di essere migliori. È saper vivere la libertà, partendo dal rispetto dell’altro e delle sue scelte e, se ritenute sbagliate, sapendolo capire e accogliere. Nell’esperienza del turismo conviviale non ci si limita a spiegare, a disquisire sull’altro, ma si parla con l’altro, chiamandolo per nome. È invito a mettersi di fronte all’altro. E questo sia con chi occupa i primi posti nelle varie graduatorie umane, sia con gli ultimi perché la Bellezza è un dono universale. Inoltre, educando alla compagnia[13], più che alla paura e al nascondimento. Un’educazione che – attraverso le esperienze del turismo conviviale – passa anche attraverso un linguaggio ed un agire inclusivi e non esclusivi: parole e gesti comprensibili e che non distanziano o discriminano, ad iniziare dalla comprensione e dall’ascolto. È attraverso l’ascolto che la relazione si fa concretezza perché esige e presuppone l’in-contro, il farsi prossimo all’altro, il dialogo come ricerca comune e come ricerca di linguaggi che uniscono. E il turismo conviviale chiede lo sforzo del decentramento, del togliersi dal centro per fare posto all’altro. Atteggiamento che potremmo esprimere con il termine eleganza: «Eleganza che significa buon gusto, che significa rispetto dell'altro, che significa accoglienza, che significa sorriso, che significa fare posto all'altro perché passi per primo, perché salga per primo sull'autobus, perché trovi per primo il posto sul treno, perché si serva prima al bar, perché davanti ai mercati possa essere servito prima e faccia per primo la sua richiesta»[14].
Il turismo conviviale, infine, volendo accompagnare ospite e Comunità ospitante alla felicità, a vivere virtuosamente, educando inevitabilmente allo stupore. Ed è chiaro che per stupirci, per cogliere la Bellezza è necessario guardarla in volto, non scansarla o, peggio, rifiutarla. E questo perché – chi vive l’esperienza del turismo conviviale – percepisce l’altro come un partner, non come un rivale nella costruzione di una terra, di un mondo che interessa tutti e ciascuno, abilitando a divenire collaboratori della speranza degli altri, non concorrenti e tanto meno antagonisti. E questo perché – a chi vive l’esperienza del turismo conviviale – la Bellezza stessa si rivela come partner, verso cui – sulle traiettorie della trascendenza – ognuno potrà misurare la propria capacità contemplativa, perché «Dio è totalmente altro dalle nostre povere, sia pur nobili, cose di quaggiù. […] Non possiamo rivestirlo sul modello dei nostri abiti, sia pure di stoffa pregiata, dandogli magari la taglia più alta. Non è comprimibile sotto l’arco del nostro cielo. Dobbiamo ripeterlo chiaro: Sopra i cieli s’innalza la sua magnificenza! Solo così saremo afferrati dalla imprevedibilità di Dio. Solo così capiremo le sue inedite trovate. Solo così ci sedurranno le sue sorprese, e ci accorgeremo che sono veramente inesauribili le risorse della sua novità»[15].
E, sulle vie del turismo conviviale, gli ospiti e la Comunità ospitale avranno la possibilità di sentirsi chiamati a divenire contempl-attivi, con due t, cioè della gente che parte dalla contemplazione e poi lascia sfociare il suo dinamismo, il suo impegno nell’azione»[16].
[1] Impastato P., Discorsi
[2] Ufficio nazionale per la pastorale del tempo libero, turismo e sport della CEI, Bellezza e speranza per tutti
[3] Martini C. M., Quale Bellezza salverà il mondo?
[4] Platone, Opere, I vol., Laterza, Bari 1967, p. 709
[5] Yarza I., Un’introduzione all’estetica, Ares, Milano 2004, p. 33
[6] Agostino, De vera religione, 32,59
[7] Id., De Trinitate, VI, 10, 12
[8] Cfr. Tommaso d’Aquino, Summa Theologica, I q., 39 a., 8c. Sull’estetica di San Tommaso, cfr. Monachese A., Tommaso d’Aquino e la Bellezza, Armando Editore, Roma 2016
[9] Aristotele, Etica nicomachea, VIII, 1, 1155, a.1
[10] Cfr. Bello A., Volti rivolti. Essere dono l’uno per l’altro, Ed. Insieme, Terlizzi 1996
[11] Francesco, Omelia per l’inizio del ministero petrino, 19 marzo 2013
[12] Cfr. Bello A., Dire Dio oggi. Dallo stupore alla trascendenza, Ed. Insieme, Terlizzi 1997, pp. 8-9
[13] Ibidem, pp. 10-11
[14] Bello A., Maria, donna dei nostri giorni, San Paolo, Cinisello Balsamo ????
[15] Bello A., Dire Dio oggi. Dallo stupore alla trascendenza, op. cit., pp. 13-14
[16] Bello A., Il pozzo è profondo, in Id., Scrivo a voi…, Ed. Dehoniane, Bologna 1992, p. ??