di Alessandra Valente
Gaia Martina Ferrara, presidente, dal maggio del 2019, dell’associazione ALP- Ad Limina Petri, ci regala, in questo scambio di idee e di esperienze, delle bellissime immagini di cammini vissuti e di emozioni provate e fissate nella memoria del cuore. Vien voglia di partire e fare esperienza di spiritualità, lungo le strade e i luoghi del nostro Bel Paese, vien voglia di fare come Pietro, pronto sulla sua soglia ad andare e, nell’andare, a raccogliere, ad assorbire, come fa una spugna, la luminosità di luoghi, cose e persone, per poi lasciar cadere, lungo il cammino, gocce di luce contagiosa.
L'idea della lentezza nel cammino si sposa col concetto di lentezza nella vita, che mitiga le situazioni di stress e le corse quotidiane. C'è, però, un risvolto ancora più profondo connesso ad esso?
Sì, l’aspetto più profondo è tracciato dal potere del risveglio. La lentezza risveglia la capacità di ascoltare, ascoltare con tutti i sensi, sentire, essere aperti e curiosi nei confronti delle persone. Da qui l’importanza del dialogo e, tramite il dialogo, il superamento di tante paure e di tanti pregiudizi. Raccontare non è tanto semplice quanto vivere e fare esperienza con le parole dette, con le parole veicolate e condivise. Per me è una missione quella di diffondere la mobilità lenta: il viaggio, o anche il semplice viandare, è un modo, un veicolo naturale per produrre uno sviluppo, nel significato più profondo del termine, verso la conoscenza, la cultura, l’economia sostenibile dei territori, nel rispetto dell'alterità e della diversità. Prendersi del tempo è concedersi la possibilità, come singolo, come gruppo, come singolo nel gruppo, di muoversi e quindi di incontrare.
Cosa implica il viandare lento?
Muoversi lentamente implica anche l’essere vulnerabili, vuol dire scoprire un’umanità che abbiamo dentro, un’umanità che a volte, soprattutto per chi vive nella frenesia delle grandi città, è difficile da far affiorare. Si vive in abitazioni, a volte anche piccole, ma spesso chiuse al mondo esterno, a tutto quello che c'è al di fuori. È come vivere in una scatola chiusa dove non si fa entrare niente e nessuno, una scatola impermeabile. Il viandare è aprirsi al mondo esterno, è il camminare attirando e trattenendo quello che c'è all'esterno, al di fuori del sé. Questa azione implica, in un certo senso, la modifica di se stessi. Per avere un simile risultato bisogna essere aperti, abbassare le barriere immaginarie, lasciarsi permeare dalla luce dell’esperienza sensoriale che avvolge il cammino.
L’associazione Ad Limina Petri, dal maggio 2019, ha subito dei cambiamenti, incluso il tuo incarico di Presidente.
L’incarico di Presidente che mi è stato conferito è la parte più visibile. Oggi, assieme all'Ufficio Nazionale per il Tempo libero, Turismo e Sport, in particolare grazie alla realizzazione del progetto Itinera Stuporis stiamo portando avanti un progetto di diffusione verso l’esterno di queste esperienze spirituali attraverso una comunicazione mirata ed efficiente. Abbiamo una enorme rete di cammini religiosi in Italia e di realtà che vivono sui territori: mettiamoci insieme, dialoghiamo,diffondiamo le migliori tracce del Bello.
Qual è la sfida più alta che l’associazione si pone?
La sfida più alta che ALP si pone, è quella di essere un tavolo vivo di coordinamento dei cammini di fede in Italia, un tavolo capace di dare supporto in termini di formazione, di informazione e di comunicazione, da una parte e dall’altra è quella di essere in grado di dare delle linee guida ben precise, perché il mondo degli itinerari è tanto piccolo quanto vario. Sentiamo, come associazione, l’esigenza di fornire un modello italiano di cammino di fede, perché no, magari un giorno paragonabile al cammino di Santiago. In Italia abbiamo tanto da far conoscere: ogni pietra parla.
Gaia, ogni inizio è un nuovo viaggio. Qual è il più bel viaggio che hai fatto come esperienza spirituale?
Ho avuto l'opportunità di fare tutta la via Francigena del Nord, un unico viaggio da Canterbury a Roma in 44 giorni, nel 2008. È stata un'avventura di vita spirituale e personale incredibile alla quale, poi, è seguita l’avventura sulla via Francigena del Sud e quella del viaggio in Terra Santa. Questi tre viaggi insieme sono un unicum che mi ha insegnato tanto e che mi ha aiutato ad essere la Gaia che sono oggi.
Come compi questi viaggi, a piedi o con la tua bici?
In bicicletta, siamo in due, io e una mia amica, due donne con la loro bicicletta, che fanno l’esperienza dell'incontro. A volte sono stati viaggi di racconto e testimonianza sul tema dell’incontro legato alle migrazioni. Si è trattato di viaggi supportati anche da Libera, Associazioni, nomi e numeri contro le mafie e da tante associazioni che operano in modo silenzioso e capillare sul territorio. Per andare avanti nei viaggi e con questo progetto ci vuole tanta forza di volontà e anche tanto coraggio. La lentezza nel compiere tanti passi liberi, nel conoscere tanti posti verso l'incontro, porta a fare cose straordinarie.
C’è un messaggio che vorresti lanciare a chi sente la necessità di lentezza?
In uno dei viaggi più tosti che ho fatto, un viaggio di 1200 km di bici per i fantasmi di Portopalo, raccontavo di migranti morti nel 1996 in Sicilia. Una ragazza di Libera che era lì con me mi chiese: - Ma tu, sei normale? Non finisco mai di ringraziarla per aver colto il senso della mia presenza lì. Aveva ben compreso quale fosse il mio messaggio, testimoniato dal mio operato. È il messaggio che vorrei lanciare anche qui: si possono fare grandi cose semplicemente mettendo un passo davanti all’altro, ognuno di noi può fare qualcosa, per quello che è. Quando si ha un weekend libero, oppure un paio di giorni in cui staccare dal solito tran tran giornaliero, si possono scoprire luoghi e persone anche vicini, ma mai esplorati.
Il mondo si cambia a piccoli passi, step by step, non servono kilometri e distanze da percorrere. Serve ascoltare e sentire, serve incontrarsi.