Parole sul turismo nel Salento. Polemiche su una frisa il cui nome e il cui costo era chiaramente espresso su un menu che però era necessario leggere. Profeti di sventura che con la voce dei Briatore di turno vogliono insegnare cosa sia il turismo dalle stesse cattedre da cui si insegna l'inattuale legge del possesso a tutti i costi.
E la terra, la nostra terra rimane inascoltata! Terra di sudore e di amicizia. Terra di bellezze e di profumi. Terra di semplicità e di freschezza. Terra di creativi e di profeti. Una terra, la nostra, che porta inscritta nel suo DNA la sua vocazione... culturale e, di conseguenza, turistica! Non dobbiamo importare modelli turistici da chissà dove, perché calpesterebbero la nostra identità e metterebbero a tacere i nostri suoni. Non dobbiamo andare a lezione da chissà quale santone per imparare le leggi del marketing... finiremo col non ricordare più i nostri colori, imponendo - per esempio - i tratti del modello riviera romagnola con proposte dove vige la regola non regola dello sballo dentro piazze abituate al ballo bollente della Taranta. O – sempre per esempio – portando il brand francigena su sentieri che non ne hanno mai visto l'ombra, cercando di convincerci che è ciò che richiede il mercato, soffocando la coscienza di una terra in cui i cammini antichi e nuovi sono tutta un'altra cosa.
Se vogliamo che il Salento continui ad essere attrattivo dobbiamo smettere di impiantare modelli non salento-sostenibili e metterci, invece, a scavare nel pozzo della nostra identità culturale e tirar fuori ciò che ci rende unici e irripetibili!
Dovremmo iniziare a far entrare nell'agenda delle politiche turistiche - se mai ci fossero - tre verbi: custodire, guarire e valorizzare.
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