Già agli inizi del sec. XV, la festa dell’Immacolata era celebrata dalla Chiesa Palermitana; tale devozione troverà particolare vigore grazie a Giovanni Ventimiglia il quale, in accordo con i frati dell’antica Basilica di S. Francesco d’Assisi in Palermo (costruita tra il 1255 e il 1277), dedicò all’Immacolata la vecchia abside destinata a diventare centro promotore di tale devozione a partire dal sec. XVI. Debellata la peste, il 16 novembre 1624, il pretore Placido Branciforte principe di Leonforte, unitamente al suo Senato, nominò l’Immacolata Concezione principale e primaria patrona e protettrice della città di Palermo e rinnovò l’impegno di commemorare a sue spese la solennità dell’Immacolata che si celebra in San Francesco.
Grazie a ciò, due giorni dopo, il Senato autorizzò il prelievo di 100 onze e in tal modo, l’8 dicembre, poté celebrarsi la festa. Tali festeggiamenti permisero un’espansione capillare della devozione mariana, tanto da proclamare Maria Immacolata principale Patrona di tutto il Regno di Sicilia.
Nel 1647, grazie al contributo della ricca famiglia De Leonardi, fu consegnata ai Francescani una statua tutta d’argento: la Vergine è raffigurata vestita da una tunica, che scende sul petto e riappare a larghe pieghe spezzate ricadenti sui piedi fino a terra; il volto, unitamente alle mani e ai piedi, è l’unica parte anatomica visibile; i capelli, spartiti a corona ricadente sulle spalle e sul collo, ne accrescono la bellezza formale, semplice e purissima, veramente “Immacolata”, capace di fare intuire la bellezza interiore.
Da quel tempo, sino ad oggi, dopo dodici sabati di preparazione, tale statua viene portata in processione.
I festeggiamenti prendono vita già con i vespri solenni durante i quali viene rinnovata l’offerta delle cento onze e proclamato l’atto di supplica da parte del Sindaco. All’alba dell’8 dicembre, tutte le confraternite cittadine si incontrano sul sagrato della Cattedrale per recarsi in Basilica e partecipare alla celebrazione eucaristica presieduta dall’Arcivescovo. Al termine, tutte in processione per l’omaggio floreale alla statua posta presso piazza San Domenico. Alle 16.00 il momento da un anno atteso: la processione. Essa, ancor oggi, è effettuata dalla Venerabile Confraternita del Porto e Riporto dell’Immacolata. Una grande pedana in legno, appositamente frastagliata, fa da ponte naturale fra ‘a Marunnuzza (la Madonnina) e la folla orante. Alla presenza delle massime autorità civili ed ecclesiali (Sindaco ed Arcivescovo), il superiore dà il via – con il consueto duplice colpo di campana – ‘a scinnuta (alla discesa). La discesa è lenta, carica di tensione ed incoraggiamenti reciproci fra i confrati che, sotto le aste, faticano e pregano; un commosso applauso e lo squillare delle trombe fa intuire che ‘a scinnuta arrinisciu (la discesa è riuscita). Il simulacro viene “portato” in Cattedrale e “riportato” in Basilica nell’arco di quattro ore con una statua che, portata a spalla, divide la folla e applica il detto siciliano: spincimi ca vajo, tirami ca vegnu (spingimi che vado, tirami che vengo). Il tutto sino al momento forse più emozionante: l’acchianata, ovverossia l’ingresso del simulacro che, con passo alquanto celere, scala la pedana fra applausi, lacrime e rulli di tamburi. Entrata in Basilica, la vara non viene più posata se non quando giunge dinanzi l’altare maggiore.
Trema l’infernu e triunfa Maria (trema l’inferno e trionfa Maria): viva Maria Immacolata! Con tale urlo termina il tutto; scorrono le aste e con esse gli abitini dei confrati. Il miracolo ancora una volta è compiuto: tutto sembra essere passato in fretta, ma lo sguardo rimane puntato fisso su Maria, Madre di Dio e Madre nostra, in attesa di un nuovo anno e di una nuova processione.
In Sicilia è facile passare “dalla mistica alla mastica”. La vigilia dell’8 dicembre è quasi d’obbligo consumare ortaggi fritti in pastella (cardi, broccoli e carciofi) e un profumatissimo baccalà (cucinato con uva passa, olive e capperi). Immancabile, sempre per “devota tradizione”, lo sfincione (soffice focaccia condita con sugo di pomodoro, mollica, cipolla, caciocavallo e origano) e il buccellato (involucro di pasta frolla ripieno di frutta secca, frutta condita e cioccolato).
Fabio Puleo, Incaricato diocesano per il turismo, il tempo libero e lo sport di Palermo