Lo scorso 23 marzo 2019 l'Arcivescovo Ignazio Sanna ha inaugurato la Via Martyrum arborense. Un itinerario spirituale, culturale e ambientale, che si snoda e unisce le quattro parrocchie martiriali arborensi di Norbello, Ghilarza, Fordongianus e Santa Giusta alla chiesa madre, la cattedrale arborense, che dal 1615 custodisce "ossa et caput" del martire Archelao.
I PROTAGONISTI: I 7 MARTIRI ARBORENSI. Il percorso, ideato dall'Ufficio per la Pastorale del Turismo, Tempo Libero e Sport dell'Arcidiocesi di Oristano, mostra una chiesa arborense irrigata dal sangue dei martiri, che nell'arco di 1700 anni hanno testimoniato la fede in questo angolo centro occidentale della Sardegna. Partendo da Norbello, nel Guilcier, i pellegrini della Via Martyrum entrano in contatto con le comunità di origine e le figure del Servo di Dio Giovanni Soggiu (1883-1930), francescano esemplare, cappellano nella Brigata Sassari durante la Prima Guerra Mondiale, partito missionario in Cina nel 1925, mentre evangelizzava quelle lontane terre, venne ucciso in odio alla fede il 12 novembre 1930; dopo meno di 3 km, ecco Palmerio (III-IV sec.), originario di Ghilarza, soldato romano, che abbracciò la fede in Cristo e per questo venne messo a morte; quindi con Lussorio (III - a. 304) e Archealo (III-IV sec.), entrambi martirizzati nell'antica città di Forum Traiani (Fordongianus), il primo era un militare originario di Caralis, citato in una lettera del 599, scritta da Gregorio Magno al vescovo Gianuario di Cagliari, e, l'altro, sacerdote, prescelto come patrono della città di Eleonora e della Diocesi nel XVII secolo, dopo il rinvenimento delle reliquie nella cripta (1615) nella chiesa romanica di San Lussorio del XII secolo; il cammino prosegue per l'incontro con Giusta, Giustina ed Enedina, tre giovanissime donne che, a motivo della loro conversione a Cristo, trovarono la morte nell'antica Othoca, l'odierna Santa Giusta, nella cui basilica sono custodite le loro reliquie dal 2004, grazie all'interessamento dell'allora parroco Mons. Francesco Zanda, che le chiese e le ottenne da Mons. Pietro Ottorino Alberti Arcivescovo di Cagliari. Il viaggio si conclude, infine, nella cattedrale di Oristano e precisamente nella terza cappella a destra, che accoglie le reliquie del martire, ossa et caput, e un altare marmoreo con la statua che ritrae il Santo martire e patrono.
LUNGHEZZA DEL PERCORSO. CAMMINO LENTO E IN AUTO. Dei 51.8 km della Via Martyrum, percorribili in entrambe le direzioni, il tratto da Norbello a Ghilarza o viceversa, di quasi tre km, si caratterizza come cammino lento lungo la vallata di Chenale. Una vera e propria immersione nel creato che diventa occasione per riflettere e acquisire nuovi stili di vita per la custodia e la cura della Madre Terra, così come c'invita Papa Francesco nella "Laudato Si"; per i restanti km, da Ghilarza verso Oristano, allo stato attuale, per motivi di sicurezza stradale, è necessario proseguire in auto, mancando di percorsi sentieristici ad hoc. Si spera in un prossimo futuro che la Via Martyrum diventi cammino lento, almeno sino a Fordongianus e nel tratto da Santa Giusta a Oristano.
PAGINA SOCIAL E LANCIO DELLA VIA SANCTORUM NEL 2020. Sulla pagina facebook viadeimartiriedeisanti si potranno trovare le informazioni utili e i contatti per richiedere la credenziale e il timbro. In ogni chiesa martiriale ci saranno dei volontari addetti all'accoglienza. Alla Via Martyrum, seguirà nel 2020 l'inaugurazione da parte di Mons. Roberto Carboni, nuovo Arcivescovo di Oristano, della Via Sanctorum: un itinerario di 84 km che parte da San Vero Milis, patria del cappuccino e Servo di Dio fra Nicolò Marras, e giunge sino a Gesturi, patria del Beato fra Nicola; rilevante la tappa di Simaxis, culla del papa San Simmaco, quindi Laconi, la rinomata e lussureggiante cittadina del Sarcidano, borgo Laudato Si' per eccellenza, dove nel lontano 1701 venne alla luce il cappuccino Sant'Ignazio; infine, ecco Genoni, perla del Sarcidano, che custodisce le spoglie mortali del Venerabile Padre oblato Padre Felice Prinetti, fondatore nel 1988 delle Figlie San Giuseppe, la prima congregazione femminile sarda, e che nel 1886 diede i natali al Servo di Dio Padre Raffaele Melis, l'unico sacerdote e parroco che morì, durante il bombardamento del 13 agosto 1943 a Roma, mentre amministrava il sacramento dell'unzione degli infermi ai feriti, lungo la Via Casilina. Il suo corpo venne rinvenuto e riconosciuto mentre con la mano destra stringeva ancora l'olio degli infermi.
Ignazio Serra, Incaricato Regione Sardegna Ufficio Pastorale del Turismo, Tempo Libero e Sport