Molte discipline sportive hanno un’indubbia valenza spettacolare che consente loro di attirare un notevole numero di spettatori televisivi e dal vivo. Più in generale lo sport, specialmente nei palinsesti televisivi, ha una presenza ed un appeal importanti ed una conseguente valenza commerciale.
Proprio lo spettacolo sportivo televisivo ha accentuato il bisogno che la grande performance sportiva sia programmabile ed avvenga proprio in quel giorno e a quell’ora. E’ lo stesso spettatore a ritenere di averne diritto e quindi ad aspettarsela. Il pubblico, stimolato da commentatori enfatici e che raccontano solo gli aspetti sfavillanti della competizione sportiva, diventa psicologicamente partecipe del grande exploit. In una situazione di questo genere poche persone fanno caso alle stranezze e ai lati oscuri dei risultati.
Gli exploit che nascono dal nulla, i casi di doping, i dubbi di manipolazioni delle competizioni trasformano molte competizioni nell’ambiguo binomio, tra l’apparenza e la realtà.
Poche persone si pongono la riflessione fondamentale: dagli attori di una rappresentazione teatrale mi aspetto bravura nell’interpretare il rispettivo ruolo e nel dare, tutti insieme, pathos e verosimiglianza alla finzione. Nessuno degli attori si aspetta che lo spettatore consideri come reali i personaggi dello spettacolo. La finzione rappresentata con abilità ed arte è il piano d’intesa tra gli autori, gli attori ed il pubblico. Dalla competizione sportiva tutti ci aspettiamo invece le emozioni e le sorprese che derivano dalla realtà di ciascun atleta: dalle sue capacità, dal suo stato di forma, dalla casualità dello svolgimento, dall’impatto dall’esito imprevedibile con le capacità degli avversari. Se si deve assistere ad una finzione non si va ad una competizione sportiva ma al cinema, o al teatro.
Prof. Alessandro Donati, Maestro dello Sport - Roma
