UFFICIO NAZIONALE PER LA PASTORALE DEL TEMPO LIBERO, TURISMO E SPORT
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Una bella chiacchierata con Mauro Nespoli, medaglia d’argento a Tokyo

L’arciere di Voghera ci parla della sua infinita passione per l’arco e delle sue passioni
18 Marzo 2022

di Alessandra Valente

Prima l'argento a Pechino 2008 nella gara a squadre, poi l'oro, sempre a squadre, a Londra 2012, infine, alle ultime Olimpiadi di Tokyo, il secondo posto nella competizione individuale: Mauro Nespoli, uno dei punti di forza del movimento italiano del tiro con l'arco, ci ha rilasciato questa breve intervista

Buon giorno Mauro e grazie per avere accettato il nostro invito.

Ma davvero tutto è iniziato guardando Robin Hood e da un moto di contestazione nei confronti di mamma Annamaria?

Il mito di Robin Hood mi ha sempre affascinato. Ho sempre trovato molto romantica l’idea di “infrangere” le regole se finalizzate a fare la cosa giusta. Sono un “contestatore” a fin di bene. Nei confronti di mia madre non possiamo parlare di vera contestazione. Era solo preoccupata che potesse esser pericoloso ma alla fine, per sfinimento, ha ceduto.

Oramai sono 24 anni di allenamenti senza mai stancarsi: quale é il segreto di questa longevità sportiva?... e non è finita qui!

Il “segreto”, se così possiamo definirlo, è il divertimento. A me questa disciplina piace proprio a livello viscerale. Quando sono sul campo di tiro mi sento veramente in sintonia con me stesso. Nel 2008, grazie all’arruolamento nel gruppo sportivo dell’aeronautica militare, ho avuto la possibilità di trasformare questa passione in un lavoro. E quando ti piace il tuo lavoro, non ti ferma nulla.

Quanto e come l’ha cambiata uno sport come il tiro con l’arco?

Sono sempre stato in sintonia con questo sport. Sembra cucito sulla mia personalità. Nonostante mi piaccia la compagnia, quando si parla di risultati preferisco tenere le redini e non dipendere da nessuno. Ho approcciato il tiro con l’arco per la sua natura individuale. Solo successivamente ho avuto modo di confrontarmi con le dinamiche di squadra e sono sicuramente maturato, ampliando il mio bagaglio di esperienze, ammorbidendo certi atteggiamenti.

Che Olimpiade è stata tra plexiglass, tamponi e mascherine?

L’olimpiade di Tokyo è stata una olimpiade anomala rispetto alle mie tre precedenti partecipazioni. Ho percepito, soprattutto i primi giorni, un clima angosciante, non esagero dicendo fosse quasi annichilente. L’assenza di pubblico negli stadi completamente allestiti, l’impossibilità di lasciare il Villaggio Olimpico se non per raggiungere il campo gara, l’ombra del COVID sempre in agguato, l’incertezza di potere portare a termine la competizione senza intralci hanno condizionato pesantemente la mia performance. Non è stato semplice ritrovare serenità e leggerezza ma, fortunatamente, il lavoro meticoloso fatto negli anni precedenti mi ha permesso, freccia dopo freccia, di arrivare fino in finale.

Una medaglia, quella di Tokyo, che è arrivata partendo da lontano: da Rio 2016, passando per la disavventura del furto dell’arco. Ma anche una medaglia annunciata: quanto incide l’autostima in una competizione olimpica?

A livello mentale l’autostima fa il 50% del risultato, il restante 50% lo attribuisco alla fiducia nell’allenamento svolto. Ero molto convinto sia di me stesso sia di quanto fatto, anche se non sempre sono riuscito a mantenere questo “stato mentale”. Sono stati parecchi i problemi che, più o meno direttamente, hanno minato questa fiducia. Possiamo dire che le distrazioni e i disturbi non sono mancati. Questa volta è andata bene ma ho fatto tesoro di quanto vissuto a Tokyo per puntare ancora più in alto.

Un doppio privilegio, ma anche un doppio onere: come è poter rappresentare l’Italia come sportivo e Aviere Capo dell’Aeronautica Militare?

É semplicemente un onore e un privilegio poter rappresentare l’Italia indossando i colori dell’Aeronautica Militare. All’età di quattordici anni avevo il desiderio di diventare pilota ma i miei problemi di vista rappresentavano un ostacolo importante. Quando nel 2008 si presentò l’occasione di entrare in questa squadra non ci pensai due volte. Non ho mai considerato tutto ciò un onere, sono fortunato a poter fare questa attività e cerco di ripagare la fiducia nei miei confronti con serietà e impegno.

Sfatiamo un luogo comune: l’arciere lavora solo di mente?

Io credo si possa parlare di equilibrio corpo-mente. Certamente da un punto di vista prettamente metabolico non abbiamo un dispendio energetico paragonabile ad altre discipline più blasonate ma è errato pensare che il tiro con l’arco sia solo concentrazione e zero fatica fisica. Per raggiungere il livello di precisione necessario per competere ad alto livello, un arciere tira, mediamente, trecento frecce al giorno con periodi specifici della preparazione in cui si raggiungono anche i seicento tiri in 24 ore. Durante la fase di mira, l’arco richiede circa 25 kg di forza per essere mantenuto in tensione, ovviamente da ripetere ogni freccia. In qualche modo, al termine dell’allenamento, possiamo dire che l’arciere ha sviluppato circa 7 tonnellate. La mente entra in gioco soprattutto durante le competizioni. Tutti gli arcieri in gara sanno colpire il centro ma solo chi è “forte di testa” continuerà a farlo dall’inizio alla fine del match.

Lei è appassionato di sport, è infatti un ferrarista convinto e interista, ma anche di cucina: è quest’ultima a darle più soddisfazioni?

Mi piace molto cucinare, nonostante il tempo per coltivare questa passione sia sempre risicato. In qualche modo la considero una estensione dello sport che pratico. Ci vuole tanta tecnica, ci vuole pratica ma il risultato finale non è garantito come fosse una operazione matematica. Per ottenere un buon piatto ci vuole fantasia, la stessa marcia in più che ti permette di perfezionare il tiro un decimo di secondo prima di rilasciare la corda.

 Qual è il suo rapporto con la fede?

Non è una risposta semplice, sinceramente. Alla domanda “credi in Dio” ti rispondo positivamente. Ma non sono più praticante. Non “credo nell’uomo” e ho molte perplessità su come oggi venga reinterpretata e utilizzata per scopi personali la religione. Personalmente credo nella libertà, nel rispetto per gli altri, nell’uguaglianza di tutti su questo globo. Per contro non sopporto gli arroganti, i violenti, gli ipocriti e gli opportunisti.