UFFICIO NAZIONALE PER LA PASTORALE DEL TEMPO LIBERO, TURISMO E SPORT
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Il Fair Play: l’importanza del gioco leale.

Gli atleti hanno la responsabilità di essere indirettamente educatori
3 Settembre 2019

L’educazione è un percorso che dura tutta la vita, volto a disvelare e tirar fuori il sé (e-ducere), alla luce di valori ed orientamenti di senso (ducere), affinché ciascuno possa dare il meglio nello sviluppo del proprio processo di umanizzazione. È un percorso che dura tutta la vita, che va alimentato costantemente come una fiamma che non deve spegnersi. Richiede pertanto attenzioni lungo tutto l’arco della vita ed in ogni contesto (long lifewide education); richiede professionisti competenti sul piano educativo, capaci di promuovere e sviluppare esplicita intenzionalità educativa, ma anche una diffusa sensibilità educativa, a cominciare dai contesti familiari per proseguire in quelli sportivi, culturali e più ampiamente sociali.

È il gioco della vita! La vita di ogni persona assomiglia infatti a una maratona che si corre piacevolmente insieme per superare le sfide che sollecitano il proprio compito di sviluppo in umanità, più che a una gara di velocità che spinge a correre da soli senza neanche rendersi conto della bellezza del mondo che si sta attraversando.

Il gioco è necessario all’esistenza, così come lo sport che, in quanto gioco molto regolato, mira a favorire ancor più dinamiche di convivenza civile. In tale direzione, dunque, il gioco deve essere pulito: da qui l’importanza e il valore del “fair play”, ovvero del “gioco leale”, che esprime un’etica frutto di costrutti educativi, di comportamenti ed atteggiamenti attenti al sé e all’altro e al valore di positive relazioni interpersonali. Bisogna rispettare le regole non solo per evitare di incorrere in sanzioni e penalizzazioni, ovvero per ragioni estrinseche, ma soprattutto per ragioni intrinseche, perché la lealtà e la perseveranza nella ricerca del bene comune attraverso regole condivise diventino un habitus, un modo di vivere e di essere di ogni persona nei vari campi dell'agire umano, rafforzando il carattere attraverso l’autocontrollo.

Ciò vale anche per l’atleta che nella pratica del fair play rafforza la capacità di disvelare se stesso e aiutare a disvelare l’umanità che è in ciascun essere umano. Non ha bisogno di fare sermoni o di dare ingiunzioni educative, ma con il suo stile innervato da fair play diventa un testimone significativo nella ricerca del bene comune e viene pertanto emulato da tutti. Diventa indirettamente un educatore!

Ogni atleta, dunque, sviluppando l’arethé attraverso la pratica del fair play, contribuisce a promuovere l’attenzione concreta verso sé e verso l’altro, la solidarietà e la perseveranza nella manifestazione di quella correttezza e lealtà che possono ingentilire le relazioni interpersonali e sociali e contribuire a costruire una città educativa, espressione di una comunità educativa ed autoeducante che nell’educare continua ad educarsi.

 

Prof. Pasquale Moliterni, Università degli Studi di Roma “Foro Italico”.