Il 4 e 5 dicembre scorso il CSI si è ritrovato virtualmente ad Assisi per il tradizionale meeting dedicato a tutti i dirigenti dell’associazione. Quest’anno l’appuntamento si è svolto online attraverso dirette streaming aperte a tutti, con la partecipazione di ospiti e ad approfondimenti tematici. Di seguito il dialogo di approfondimento sul momento storico che stiamo vivendo tra il presidente del CSI, Bosio, e S.E. Mons. Russo.
Si stima che 6 milioni di famiglie si ritroveranno in gravissime difficoltà economiche a causa della pandemia. In queste famiglie, vivono milioni di giovani che sono stati privati: delle relazioni, della scuola, dei teatri e anche dello sport. Cosa possiamo e dobbiamo fare per recuperare il filo delle emozioni, la rete delle relazioni che abbiamo perso?
Presenza. Cura. Trasformazione. Penso siano queste le tre parole chiave che devono accompagnare il futuro se vogliamo recuperare il filo delle emozioni e la rete delle relazioni che abbiamo perso. Innanzitutto, presenza. Occorre restituire presenza ad ogni forma di comunità educante. Una presenza che elabori modalità nuove di prossimità e di azione, perché il distanziamento sociale possa essere ridotto senza traumatizzare e scompensare, soprattutto il debole vissuto dei più piccoli e dei più fragili. Poi, curare. È inevitabile, oggi, pensare percorsi di cura per accompagnare ragazzi, giovani, famiglie, anziani, persone con disabilità… a guarire dal vissuto ferito di questi mesi, con esperienze illuminate che non esasperino un solo linguaggio, ma che sappiano mettere insieme più linguaggi attraverso cui dare la possibilità ai nostri e vostri destinatari di riscoprirsi protagonisti a 360 gradi della loro vita, mettendo in moto tutti i talenti di cui sono custodi con la responsabilità di farli fruttificare tutti, per tutto ciò che è loro possibile. Infine, trasformare. È inevitabile e determinante, oggi più che mai, non sprecare questa situazione di crisi in un’opportunità di crescita, ma di crescita condivisa con tutti coloro che sono chiamati a tessere un legame educativo con le persone, con le giovani generazioni soprattutto. E, per far questo, è necessario trasformare prospettive e stili di azione, per guardare al domani e imparando a farlo insieme e imparando il fair play sociale come dinamica essenziale del nostro essere all’interno di un territorio fermento… è l’essenza del cristianesimo.
In questi mesi, tanti dirigenti del CSI hanno pronunciato parole che mai avremmo immaginato: non si può più fare niente… non ce la faccio più… mollo perché non so più che fare… le responsabilità sono troppe e ho paura. La motivazione rischia di cedere di fronte ai colpi di una situazione davvero complessa. Quali parole possono dare forza e slancio ai dirigenti sportivi?
Mai tutto è perduto! Ecco, vorrei innanzitutto dire questo. La situazione che stiamo vivendo più che come perdita siamo chiamati a viverla come possibilità di trasfigurazione. Penso sia bello ripensare alla bellissima immagine della pagina evangelica delle nozze di Cana, quando le giare del vino si trovarono prosciugate con la festa in corso. E l’intervento di Gesù che trasforma l’acqua in vino e ridà gusto alla festa. È il nostro oggi. Sentiamo le nostre giare svuotarsi di entusiasmo, di possibilità, di senso… ma possiamo trasfigurarla, trasformando l’acqua della nostra fatica in nuovo entusiasmo, in nuove possibilità, in nuovo senso di presenza cristiana capace di animare – potremmo meglio dire oggi – di ri-animare il mondo, anche quello dello sport.
Non temere! È il modo più bello con cui da sempre Dio invita coloro che chiama alla fiducia. E dovremmo sentirle anche noi queste sue parole. Il “Non temere” di Dio è sapere che il passato, il presente e il futuro si tessono insieme con Lui nella misura in cui ciascuno è disponibile a lasciargli spazio. Il “Non temere” di Dio è dichiarazione di una volontà ad essere con noi, senza mai alcuna forma di abbandono da parte sua. Il “Non temere” di Dio è il motivo per cui – dopo aver messo mano all’aratro – non ci volgiamo più indietro a rimuginare il passato, ma elaboriamo solchi nuovi per rendere presente il futuro di Dio.
Non lasciatevi rubare la speranza! È lo stile con cui Papa Francesco ci spinge sempre a caratterizzare la nostra presenza nel mondo e per il mondo. La speranza per noi non è fondarsi su promesse fatte di parole, ma fondare la propria vita e le proprie scelte sulle promesse di Dio già realizzate e che continuamente si realizzano nella misura in cui ci rendiamo “strumenti”, come canta in modo sublime il Santo di Assisi.
Questo incontro digitale e il nostro percorso assembleare hanno il titolo: Generare futuro. Proprio ai giovani che si occupano di economia, Papa Francesco ha detto: non potete rimanere fuori dai luoghi in cui si genera, non dico il vostro futuro, ma il vostro presente. Voi non potete restare fuori da dove si genera il presente e il futuro. O siete coinvolti o la storia vi passerà sopra. Siamo in una sfida storica per tutti noi. Leggere il presente, agire subito, costruire il domani: semplice a dirsi, ma la molteplicità delle opinioni e un sistema di interventi a pioggia non sempre garantiscono interventi strutturali ed efficaci. Come dobbiamo e possiamo muoverci da cittadini e da cristiani che agiscono nella Chiesa e al servizio delle chiese locali? Come possiamo recuperare il valore della testimonianza attraverso la presenza sui territori?
Non andando da soli. Questo è il primo punto fermo per la ripartenza ecclesiale e associativa per il dopo pandemia. Abbiamo avuto la possibilità di comprenderci vulnerabili soprattutto quando la presunzione del potercela fare da soli ha avuto la meglio sulla pazienza del dovere mettere le fondamenta ad un lavoro condiviso con tutti coloro che nella comunità ecclesiale e all’interno di un territorio svolgono un ruolo educativo.
Vivendo la solidarietà e la gratuità. Il servizio si misura con queste due coordinate. La solidarietà dice la competenza di ascolto empatico del vissuto delle persone e delle dinamiche sociali ed ecclesiali, in cui ci si inserisce con il grembiule del servizio sempre ben cinto alla vita, mettendo a disposizione le proprie competenze e le proprie peculiarità all’interno di un progetto condiviso di sviluppo integrale delle persone e dei territori. La gratuità che incarna il disinteresse per ogni forma di ritorno – economico e di prestigio – rendendo le relazioni, le collaborazioni e i processi attuati pienamente trasparenti.
Avviando processi. È il nostro futuro. Pazientemente avviare processi di collaborazione all’interno della comunità ecclesiale e all’interno della società civile per elaborare prospettive, stili e azioni in cui non ci si calpesta i piedi, ma in cui si guarda insieme all’orizzonte e ognuno ha la possibilità di esprimersi all’interno di una armonica sinfonia di parole e di azioni.
Prima del lockdown, avevamo circa 1 milione e 300 mila iscritti di cui 650 mila under 18. Abbiamo inventato di tutto e le nostre società sportive e i comitati territoriali CSI hanno davvero messo in gioco fantasia e sensibilità per restare “vicini” in un tempo di distanze. Quando sarà possibile riprendere le attività, sarà necessario anche riabituarci alle relazioni e lo sport potrà giocare un ruolo importante. Nasce una domanda che ci sta a cuore, in vista di questa tanto attesa ripartenza: la Chiesa italiana intende ripartire con lo sport e, quindi e soprattutto, con il Centro Sportivo Italiano?
Le Chiese che sono in Italia intendono certamente ripartire con lo sport e, quindi, anche con il Centro Sportivo Italiano. Come dicevo prima, oggi è urgente avviare processi di collaborazione. So che l’Ufficio nazionale per la pastorale del tempo libero, turismo e sport ha iniziato a creare lo spazio all’interno del quale tutte le realtà che nella Chiesa si impegnano nell’educazione attraverso lo sport – a partire dalle realtà più significative – possano definire e attuare percorsi condivisi di rielaborazione della propria presenza e del proprio impegno all’interno di una comune visione. Perché, oggi, ciò che è importante non è solo la sopravvivenza degli enti, ma soprattutto la determinazione del bene comune. Un bene che – essendo comune – sarà possibile solo se scegliamo di mettere per un attimo da parte le etichette e iniziamo a pensare in modo sinodale, anche tra le varie realtà ecclesiali impegnate nell’educazione e nell’animazione all’interno del mondo dello sport.
Credeteci in questo processo. Impegnatevi in prima persona a far crescere un “sentire” condiviso con le altre realtà ecclesiali impegnate nel mondo dello sport, abitate il tavolo nazionale come animatori che coinvolgono e trascinano, per acquisire sempre più la consapevolezza di essere nel modo più giusto concorrenti, nel senso di scoprire la bellezza di con-correre al bene gli uni degli altri. Penso sia un segno bellissimo, non solo all’interno del vivere ecclesiale, ma anche all’interno del vissuto sociale più ampio che si sentirà sollecitato dal vostro stile e dalla vostra testimonianza al cambiamento, nella direzione dell’amicizia sociale.
Lo sport è stato uno dei comparti maggiormente penalizzati dalla crisi innescata dal Covid-19. Il CSI ha attraversato e sta attraversando la più difficile fase della sua storia, ma intende restare fedele alla propria missione dell’educare attraverso lo sport. Anzi: si vuole preparare davvero per essere protagonista attivo della ricostruzione dei legami sociali e personali che si sono allentati. Crediamo che ci sia ancora bisogno del Centro Sportivo Italiano. Quali dovranno essere le tre priorità che il CSI dovrà perseguire per generare futuro?
Le tre priorità da perseguire per generare futuro si racchiudono in un’unica parola: insieme!
Innanzitutto, attivate all’interno della vostra associazione la cultura della sinodalità. Armonizzate le diverse visioni, ricucite eventuali fratture, riscoprite la bellezza di un’appartenenza che non è esclusiva, ma sempre inclusiva. Tracciate per il vostro domani processi di ascolto e di partecipazione dei territori.
In secondo luogo, attivate una progettazione condivisa all’interno del tavolo nazionale delle associazioni ecclesiali che animano il mondo dello sport. Costruite rapporti trasparenti e sinceri di fiducia e di collaborazione, aiutatevi reciprocamente a sentirvi amici e co-progettisti di un domani in cui ridare anima all’impegno educativo che vede nello sport un potente linguaggio di espressione dei talenti e di costruzione di relazioni sane e sananti.
Infine, elaborate una presenza di dialogo con l’intero territorio in cui agite, secondo la logica del mediatore sportivo pensato e proposto dall’Ufficio nazionale per la pastorale del tempo libero, turismo e sport della CEI. Oggi è importante e determinante individuare persone all’interno delle vostre realtà che acquisiscano le competenze necessarie per dialogare con tutti coloro che agiscono su un determinato territorio e per avviare collaborazioni condivise in cui si vive il vero e autentico servizio all’interno delle nostre comunità.