di Alessandra Valente
Maria Beatrice ha esordito in campo all’età di 15 anni. Nel 2013 è cominciata la sua attività Internazionale, con l’arbitraggio di Inghilterra - Sudafrica.
Sorridente, solare, colorata. Un amore incondizionato per i suoi amici a quattro zampe e una vita piena di progetti.
Maria Beatrice, quando è iniziata la tua avventura nel mondo del rugby?
La mia avventura nel mondo del rugby è iniziata a soli 16 anni quando, sulla spiaggia di Sperlonga, incontrai l'unico arbitro che avesse mai dato un cartellino giallo a mio fratello. Già da qualche anno ero stata contagiata dal virus del rugby, grazie ai miei due fratelli più piccoli, Pietro e Leone, che seguivo da spettatrice e supporter su qualsiasi campo di rugby in Italia e all'estero. Fino ad allora, però, non ero mai riuscita a divenire parte attiva di questo magnifico sport. Finalmente, quel fatidico giorno di giugno 2009 avevo trovato il modo per farlo! Da allora è stato sempre un crescendo di esperienze: a settembre 2009 il primo corso arbitri, a novembre il mio esordio in Under 14 e poi…, poi non ho mai più tolto gli scarpini.
La forza di volontà ha certamente giocato un ruolo decisivo nelle tue scelte. Una ragazza quando hai esordito nella partita Under14 maschile, una donna, oggi, in un ruolo e in uno sport spesso etichettati come "maschili". Quanto ritieni sia stato "folle" seguire i suoi sogni?
Forza di volontà, passione ed un briciolo di sana follia sono state le componenti fondamentali in questa mia avventura. Ricordo ancora oggi quanti preconcetti da parte di persone che ripetevano a me e alla mia famiglia che il rugby non sarebbe stato il mondo adatto me, che ero fuori luogo, che non sarei mai arrivata da nessuna parte e che sarebbe stato un fallimento. Oggi, a 10 anni di distanza, guardo indietro e sorrido, perché, per quanto folle sia stata la mia decisione di seguire i miei sogni, io i miei risultati li ho raggiunti e quella scelta la rifarei mille volte ancora. Mi sento di dare un consiglio ai giovani, ai ragazzi e alle ragazze che hanno dei progetti per il proprio futuro, per la propria carriera: non fermatevi davanti ai pregiudizi o agli ostacoli, arrivate fino in fondo, seguite i vostri sogni, siate un po’ folli anche voi.
È questione di follia, quel briciolo di follia che ci fa raggiungere gli obiettivi che ci siamo prefissati.
E' difficile mantenere la tua natura, ovvero il tuo essere donna in campo?
Il rugby è stata una vera e propria scuola di vita per me. Non ho mai ben compreso perché fosse così scandaloso che una ragazza di soli 16 anni entrasse a far parte di un mondo maschile e alle volte maschilista. È stato un ostacolo abbastanza forte da superare, non impossibile se ora sono qui e faccio anch’io parte di questo mondo. Esser donna per me è sempre stato un valore aggiunto e non un qualcosa di cui vergognarsi. Per questo motivo, fin dall'inizio della mia carriera, ho sempre mantenuto la mia natura, il mio essere donna anche in campo. Scendo in campo con i calzettoni fino al ginocchio, con i pantaloncini infangati, ma con i miei scarpini rosa, i miei orecchini e il mio smalto alle unghie. In fin dei conti cosa cambia? Sono sempre un arbitro di rugby, a prescindere dai miei scarpini, dai miei orecchini, dal mio smalto alle unghie, dal mio sesso. Sono Bea, un arbitro di rugby, pur sempre una donna. E vale anche il contrario: sono Bea, una donna e pur sempre un arbitro.
Nel 2013 per te arriva la prima designazione Internazionale, nel 2014 la Coppa del Mondo Femminile e, nel 2016, sei stata l'unica rappresentante italiana alle Olimpiadi di Rio. Cosa hai provato nel momento della convocazione all'arbitraggio e cosa hai imparato da questa esperienza?
Nel 2013, a soli 20 anni è arrivata la prima designazione internazionale e da lì si sono susseguite una serie di esperienze indimenticabili: 3 coppe del mondo, più di 100 presenze a livello internazionale e la designazione come unica rappresentante italiana all'esordio del rugby alle Olimpiadi di Rio de Janeiro. Non dimenticherò mai le parole che mi disse la capitana del Brasile quando le strinsi la mano prima di entrare in campo, all'esordio delle Olimpiadi di Rio: "Grazie arbitro per essere qui con noi oggi e per rendere tutto ciò possibile!".
In questi 10 anni di carriera arbitrale ho imparato che, per essere un buon arbitro, bisogna essere autorevoli e mai autoritari, che se rispetti il prossimo avrai lo stesso rispetto indietro e soprattutto che non bisogna mai smettere di sognare, soprattutto nei momenti più bui.
Il sognatore è colui che non ha mai smesso di sognare. Questo è il mio motto. E io di sognare non smetterò mai!
Chi è Maria Beatrice Benvenuti fuori dal campo. Quali sono i suoi hobbies, i suoi interessi?
Maria Beatrice fuori dal campo è una ragazza semplice e con i piedi per terra. Ama viaggiare, passare del tempo con la sua famiglia e con i suoi amici a quattro zampe - 3 french bulldog e 2 gatti siamesi. Parla 7 lingue e non si ferma un attimo. Nonostante Bea passi gran parte della sua vita in aereo, ha portato avanti la carriera universitaria, coronata con un 110 e lode in Scienze motorie ed un Master internazionale in lingua inglese. Attualmente sta portando a termine un progetto di ricerca sull'attività fisica in gravidanza, in collaborazione con l'Università di Oslo.
Non per ultimo, Bea ama condividere la propria esperienza di donna in un mondo di uomini, organizza team building con aziende e partecipa come public speaker a numerosi eventi, nella speranza che lì fuori vi siano altri giovani come lei, disposti a non arrendersi mai davanti alle piccole o grandi difficoltà, lungo il percorso verso il raggiungimento dei propri sogni.