L’Emilia-Romagna è una terra ricca di antiche vie di collegamento commerciale e di pellegrinaggio, battute nel corso della storia da Papi, Re, eserciti, imperatori sassoni e longobardi, sovrani svevi, monaci e pellegrini che mantenevano i loro legami con il soglio pontificio.
La Via Francigena, Itinerario Culturale del Consiglio d’Europa dal 1994, è gestita dall’Associazione Europea delle Vie Francigene (AEVF), che nel 2021 festeggia i suoi 20 anni di attività. La Via rappresenta oggi un esempio di riscoperta di un antico itinerario in chiave culturale e turistica e attrae ogni anno decine di migliaia di camminatori e ciclisti in cerca di una modalità nuova di riscoprire i territori.
Il percorso di 3.200 km parte dall’Inghilterra e attraversa la Francia, la Svizzera e l’Italia sino al cuore della cristianità e alla tomba di Pietro, Roma, per continuare poi verso i porti d’imbarco della Puglia ed infine Gerusalemme. Il primo tratto da Canterbury a Roma ripercorre le 79 tappe del pellegrinaggio compiuto nel 990 d.C. dal Vescovo Sigerico che si recò a Roma per ricevere il Pallio da Papa Giovanni XV. Il il secondo che da Roma porta alla Puglia si basa invece sulle testimonianze lasciate dal pellegrino anonimo burdigalense del 333.
Sei tappe attraversano l’Emilia–Romagna per un totale di 143 km, offrendo paesaggi, emozioni e comunità uniche. Dal fiume Po, con il suggestivo Guado di Sigerico, attraverso città d’arte come Piacenza, piccole capitali come Fidenza e numerosi borghi incastonati in paesaggi naturali di grande bellezza sino al Passo della Cisa, valico appenninico attraverso il quale si entra in Toscana per giungere a Pontremoli.
Letteralmente il termine “Francigena” designava la provenienza del tracciato dalla Terra dei Franchi e, al contrario di quanto si potrebbe credere, storicamente non era costituita da un unico itinerario, ma da un insieme di percorsi e sentieri che nel complesso costituivano un sistema viario complesso verso la città di Roma. Lungo il cammino sono ancora oggi presenti luoghi di fede di grande bellezza che conservano i segni del passaggio dei pellegrini antichi e moderni.
Su questo cammino, ricco di fede e arte, si incontra la cattedrale di Piacenza, dedicata a Santa Maria Assunta, monumento del Romanico padano che costituisce un unicum nel contesto dell’architettura ecclesiastica italiana per particolarità strutturali.
L’aspetto attuale dell’edificio sacro rende arduo il definire le fasi relative al cantiere medievale, ma una frase ineludibile sulla facciata indica il 1122 come anno di inizio lavori. Tra 1122 e 1160 circa daterebbero la parte absidale-presbiteriale con attacco del transetto, il lato nord con la torre fino a una certa altezza, la parte bassa della facciata, le prime due campate della navata sud. Si ipotizza la derivazione da architetture normanne e anglo-normanne. Il resto sarebbe del XIII secolo.
La facciata, con protiri, è impreziosita da importanti rilievi ascritti a Wiligelmo e Niccolò, ritenuto autore dell’archivolto con lo Zodiaco, tra i più antichi nella scultura occidentale.
Al sommo del campanile (72,5m), concluso nel 1333, svetta la statua segnavento detta ’“Angil dal Dom”, il più antico strumento meteorologico a uso degli abitanti e dei frequentatori della città, posizionata nel 1341. Da segnalare la gabbia in ferro sospesa sotto la cella campanaria, voluta da Ludovico il Moro nel 1495 per rinchiudervi i sacrileghi e fungente soprattutto da monito per i malfattori di un tempo.
L’imponente interno a croce latina, con tre navate in corpo longitudinale e transetto, presenta sulle colonne le celebri formelle delle corporazioni locali, riferite all’officina di Niccolò nei primi decenni del XII secolo; su uno dei pilastri è scolpita la figura del Pellegrino, dedicata tutti i viandanti di fede. Tra i dipinti murali il più antico è il San Cristoforo del transetto sinistro (seconda metà sec. XIII), nel quale è da segnalare anche l’antichissimo battistero a vasca.
Uno splendido polittico ligneo a più ordini, opera di Antonio Burlengo e Bartolomeo da Groppallo (1443–47) reca le immagini dei santi venerati in diocesi e domina il presbiterio, dove di notevole fattura è anche il coro di Gian Giacomo Genovesi (1466-71).
Tra 1599 e 1609 il vescovo Claudio Rangoni promosse l’ampliamento del presbiterio e la decorazione della volta a crociera soprastante e del catino absidale (1605-09) a cura di Camillo Procaccini (Assunzione e Incoronazione della Vergine), Ludovico Carracci (Predecessori al Limbo e fascia con angeli) e degli aiuti Lorenzo Garbieri e Giacomo Cavedoni (Glorie d’angeli). Fanno parte del ciclo anche affreschi staccati e dipinti conservati in Vescovado, il Transito di Maria del Procaccini e i Profeti del Carracci in controfacciata, i Funerali della Vergine e gli Apostoli al sepolcro vuoto dello stesso, sostituiti da tele del Landi, a Parma in Galleria Nazionale.
La magnifica cupola fu dipinta tra 1625 e 1627. Sono del Morazzone per gli spicchi con Davide e Isaia, del Guercino per i restanti Profeti, lunette e fregio (la grisaille è di aiuti). Ai tempi del vescovo Giorgio Barni, si provvide a dipingere anche i pennacchi e gli spazi sotto la galleria, incaricando Marcantonio Franceschini (1688-89), poi attivo nella cappella della Madonna del Popolo; purtroppo di questa parte della decorazione resta il Sogno di San Giuseppe e poco altro.
Nel 1852-56 si avviò il recupero in chiave medievale, costruendo la sacrestia superiore ottagonale a cura di Gian Antonio Perreau, con decori neogotici di Giovanni Pietro Giorgi; tra 1872 e 1875 il canonico Gian Battista Rossi fece ripristinare finestre della navata centrale, matronei di traverse e trifore presso la cupola. Più tardi, dal 1898 al 1902, il vescovo Scalabrini promosse restauri in cui si completarono pezzi su base analogica e a “incrostazione”, fu abbattuta la Loggia della cancelleria (sec. XVI), aggiunte le gallerie con loggette e statue-colonna di Guidotti, Scalabrini e Carolippo Guerra a cura di Monti (1901). All’interno furono ricostruite volte delle navate, ripristinati muri e scale per sottotetti, triforii e matronei del santuario. Rimossi altari, stucchi e affreschi, emersero pitture antiche nelle cappelle dei Santi Martino e Alessio (linee nere separano le immagini originali dalle aggiunte). Ricondotti presbiterio e cripta all’origine, si individuò il perimetro antico e si asportarono affreschi. Cisterna, Morgari e Tansini eseguirono dipinti medioevaleggianti. Monti realizzò il monumento a Scalabrini, Toscani gli altari di Madonna del Popolo e del Santissimo Sacramento. L’altare del Crocifisso di Ambrogio Montevecchi (1504), tolto dalla quinta campata sinistra, solo dal 1920 è dove ora si trova.
Di notevole interesse è la cripta a croce greca, considerata dalla maggior parte degli studiosi la parte più antica. E’ caratterizzata da 62 colonnette isolate e 46 incastrate nella parete, concluse da capitelli tutti differenti, con decori antropomorfi, zoomorfi e soprattutto vegetali. L’altare maggiore è dedicato a Santa Giustina, copatrona di Piacenza, di cui si conservano le reliquie. Si segnala il dipinto murale raffigurante Gesù Crocifisso fra i Santi Giovanni Battista e Giustina, qui effigiata in veste di badessa col pastorale. Fu commissionato nel 1576 circa da Filippo Schiavi come la pittura a fianco che immortala il prebendario genuflesso ai piedi della Madonna, avvolta in una mandorla di luce fra cherubini e detta “della Concezione”. Nel Museo annesso si custodiscono alcune delle pale d’altare presenti in cattedrale prima dello smantellamento, tra le quali I diecimila martiri crocifissi, attribuita a Gian Antonio Sirani e la Madonna dello Zitto di Giovan Battista Tagliasacchi.
La Cattedrale ed il Museo del Duomo sono aperti ai visitatori giornalmente. E’ inoltre possibile l’ascesa alla Cupola con gli affreschi del Guercino su prenotazione.
Per maggiori informazioni e curiosità:
www.monasteriemiliaromagna.it, www.camminiemiliaromagna.it
Approfondimento a cura di:
Massimo Tedeschi, Presidente Associazione europea delle Vie Francigene
Susanna Pighi, Ufficio per i Beni Culturali Ecclesiastici della Diocesi di Piacenza-Bobbio
Manuel Ferrari, Direttore Ufficio Beni Culturali Ecclesiastici della Diocesi di Piacenza - Bobbio
Monica Valeri, responsabile del Circuito Cammini e del progetto Turismo Religioso APT Regione Emilia Romagna,