di Gionatan De Marco, direttore UNTS della CEI
Il turismo conviviale, attraverso il fattore “stupore”, apre tra ospite e Comunità ospitante uno spazio di alleanza, un luogo di ospitalità che umanizza le esperienze e qui «fare avvenire l’umanità vuol dire non ridurre il desiderio alla consumazione delle cose, ma aprire sempre uno spazio di parola, di condivisione e di alleanza con l’altro. È questo spazio di alleanza che, in ogni campo, fisico, affettivo, economico, sociopolitico, fa avvenire l’umano»[1]. E non solo. Attiva tra ospite e Comunità ospitante un laboratorio di benessere che fa avvenire la convivialità, «una relazione disarmata, senza violenza, senza armi, dove gli uni gli altri si riconoscano in una medesima dignità»[2] a partire dalla consapevolezza che tutto è dono, a partire dalla propria stessa vita.
Il turismo conviviale senza stupore non può attuarsi! Ma cos’è lo stupore?
Lo stupore, qui, lo intendiamo innanzitutto come emozione, un’emozione oggi essenziale e necessaria. Oggi, infatti, tutto sembra scontato, dato per certo e nulla sembra lasciarci a bocca aperta. Spesso, nelle esperienze odierne, lo stupore è collegato col possesso: ottenere ciò che si desidera, narcisisticamente, da stupore, ma passa subito, facendo ritornare l’inquieta malinconia di chi non riesce a riempire quel vuoto che si porta dentro. E questo perché l’ambiente in cui siamo immersi si è assuefatto alla separazione, alle distinzioni in categorie, al chiudere in scatole invisibili le esperienze e – spesso – anche le persone. Ci hanno abituati a scegliere sempre e subito, ad aprire e chiudere cartelle con un click sul desktop e nella quotidianità, perché la fretta è ormai la regola, non lasciando alla felicità il tempo di essere assorbita.
Ma lo stupore è tutta un’altra cosa.
Il Dizionario Sabatini Coletti lo definisce: «Intenso turbamento dovuto a meraviglia e sorpresa di fronte a qualcosa di inatteso, piacevole e spiacevole che sia»[3]. Il Vocabolario Treccani ne dà questa definizione: «Forte sensazione di meraviglia e sorpresa, tale da togliere quasi la capacità di parlare e di agire»[4]. Definizioni che associano lo stupore ad un senso di sorpresa e spiazzamento scaturito da una situazione nuova che lascia momentaneamente sospesi tra l’impressione di non comprendere e il desiderio di capire. È un’emozione che gli anglosassoni chiamano awe e che in italiano non ha un termine esattamente corrispondente, è lo sbigottimento che lascia senza parole, va oltre la soglia della meraviglia, è uno stato d’animo sospeso fra il timore reverenziale e l’estasi. È un insieme di sensazioni che ci sorprendono e attivano uno o più reazioni emotive. Emozioni, quindi, che possono avere diverse gradazioni d’intensità che vanno dalla semplice sorpresa allo sbalordimento, dalla meraviglia allo sbigottimento, per arrivare fino all’estasi[5].
Il momento più interessante da un punto di vista psicologico è proprio quello che intercorre tra la sorpresa e la reazione, perché inconsapevole e involontario, senza i filtri costruiti dalla realtà, che segna una divisione invisibile tra un prima, un qualcosa di immaginato o sospettato, e un dopo, che si rivela diverso dal previsto. Questo dimostra che lo stupore non nasce sempre da una causa scatenante esterna, ma è strettamente collegato alla persona, alla sua storia, alle sue caratteristiche, alla familiarità verso il nuovo e lo sconosciuto, che si uniscono alle circostanze del momento. Lo stupore non è mai una semplice reazione emotiva, ma parla sempre della persona che lo vive.
Ma cosa avviene nella nostra testa quando proviamo stupore?
La preoccupazione per la novità – come evidenziano le neuroscienze – attiva l’amigdala e il sistema limbico coinvolti quando si prova una sensazione di paura, quindi la corteccia prefrontale, che interviene nella valutazione di un potenziale pericolo[6]. Così si accende il sistema dell’attenzione, che ha sede nel tronco cerebrale e che è deputata a trovare le risorse per gestire un evento fuori dall’ordinario. Ed è allora che l’emozione iniziale, quel misto di timore e curiosità, diventa stimolo a conoscere. Ad accendersi sono le aree sedi del pensiero astratto: corteccia frontale, giro cingolato, lobo limbico. Infine, entrano in gioco altre funzioni cognitive superiori, per stabilire un nesso tra la cosa sorprendente e quanto si conosceva. Inoltre, quando siamo piacevolmente coinvolti in una situazione/attività interessante, il nostro cervello rilascia una sostanza, in risposta al piacere: la dopamina, ormone della ricompensa e della gratificazione, la quale a sua volta ci motiva in modo intrinseco a continuare a fare ciò che sta producendo tale piacere.
Pertanto, quando un bambino o un adulto è impegnato in un processo che coinvolge la sua curiosità, il suo interesse e lo stupore, il godimento che sperimenta stimola la produzione di dopamina la quale, in un circolo virtuoso, ne motiva l’apprendimento e la voglia di ingaggiarsi sempre di più nella ricerca. Il risultato è che, dopo essere rimasti a bocca aperta, si apprende qualcosa, e in fretta.
Nel maggio del 2015, sul Giornale americano di personalità e psicologia sociale usciva un articolo su uno studio condotto da Paul K. Piff, ricercatore alla Irvine California University, che ampliava ricerche precedenti sull’emozione della meraviglia (qui intesa come sinonimo di stupore), dimostrando scientificamente che essa è un’esperienza non solo di amore verso il sapere, ma di vera trasformazione collettiva. Il team di ricerca attraverso esperimenti condotti confermò non solo che la meraviglia provocasse una dilatazione nella percezione del tempo, causando perciò sensazioni di benessere, ma scoprì che essa porta alla relativizzazione del concetto del sé, ad un incremento di tendenze sociali positive, a maggiore coesione sociale, flessibilità e propensione a decisioni etiche e morali all’interno di un gruppo.
Nell’articolo, gli scienziati aggiungono che molti stimoli visivi possono ispirare questa emozione e nelle culture occidentali si manifestano prevalentemente di fronte a fenomeni naturali dalle dimensioni, scopi e complessità gigantesche, ad esempio una notte stellata, il mare in tempesta, l’oceano, una vista panoramica. Inoltre, la meraviglia può essere suscitata tramite l’esperienza religiosa, la spiritualità, l’osservazione di un’opera d’arte o l’ascolto di un brano musicale. In termini più generali, essi affermano che tale esperienza si può definire come la percezione della vastità che espande la struttura di significati dell’individuo.
Lo stupore, infatti, conduce la persona a sentire la sensazione di essere più piccola in presenza di qualcosa di molto più grande rispetto al proprio sé, che porta a sentirsi meno focalizzata sulle preoccupazioni della quotidianità, per spostare il proprio interesse verso un interesse comunitario e una partecipazione collaborativa in azioni collettive.
Resta un fenomeno sorprendente scoprire come la risposta a stimoli percettivi e intellettuali estremamente soggettivi, per esempio quando osserviamo stupefatti un cielo stellato, possa avere effetto in un ambito che sembra situarsi sul versante opposto, quello sociale. Ne deriva che concedersi del tempo di fronte a ciò che consideriamo bello, non è solo un piacevole passatempo, ma ci permette di sentirci parte di qualcosa più vasto dell’ego individuale, ed è quindi un impegno che dovremmo prendere per noi stessi e per gli altri. Nello stupore, infatti, mettono le radici l’empatia e l’amicizia… e – spero di non esagerare – la felicità. Ecco perché sarebbe bello davvero prendere in considerazione il consiglio che Daniel Goleman ci consegna della prefazione all’edizione italiana del suo libro Intelligenza emotiva, il consiglio che, se vogliamo guarire i mali sociali di oggi, dobbiamo «prestare una maggiore attenzione alla competenza sociale ed emozionale nostra e dei nostri figli, e di coltivare con grande impegno queste abilità del cuore»[7], a partire dallo stupore.
[1] Fossion A., Il Dio desiderabile. Proposta della fede e iniziazione cristiana, EDB, Bologna 2011, p. 40
[2] Ibidem, p. 41
[3] Sabatini F. – Coletti V., Stupore, in «Dizionario della lingua italiana», Sansoni, Firenze 2007
[4] Treccani, Stupore, in «Dizionario della lingua italiana», Giunti – Treccani, Firenze 2017
[5] Cfr. Ackerman A. – Puglisi B., The Emotion Thesaurus. A writer’s guide to character expression, Writers Helping Writers 20192
[6] Cfr. Goleman D., Intelligenza emotiva. Che cos’è. Perché può renderci felici, BUR, Milano 201022, pp. 33-49
[7] Goleman D., Intelligenza emotiva, op. cit. p. 7