di Alessandra Valente
Ho scelto di conoscere meglio Gino Bartali attraverso le parole di Angelo De Lorenzi, raccolte a formare frasi e racconti in un manuale di vita, mi piace definire così il suo ultimo libro, Gino Bartali Un “Santo” in bicicletta, edito da Mimep – Docete, 2019.
Gino, il ragazzo di Ponte a Ema, un paesino di collina appena fuori da Firenze, ama la vita e i giochi all’aria aperta, assieme ai compagni, nel cortile di scuola, gioca a “muriella” con le mattonelle e i sassolini levigati.
Il libro si apre con una bellissima descrizione del paesaggio intorno al fiume Arno e ai suoi affluenti. È li che mamma Giulia e papà Torello, tirano su Gino, Anita, Natalina e Giulio, rendendoli ragazzi forti, fratelli uniti da valori saldi e da principi sani. Ed è sui sentieri attorno a Firenze che Gino comincia a conoscere posti mai visti, a scoprire la gioia di esplorare e di respirare a pieni polmoni luoghi, profumi, sapori di una terra che ama.
Ha realizzato un sogno Gino, e papà Torello lo ha aiutato in questo, premiando il suo impegno e l’aiuto dato in famiglia, ha una bici tutta sua per sentirsi libero di pedalare. Gino non è un ragazzo che si accontenta di pedalare soltanto e presto fa diventare quel suo passatempo qualcosa di più. Diventa anche un corriere in bicicletta, anticipando i tempi e le logiche del marketing. È un ragazzino, ha quasi sedici anni, quando partecipa alla sua prima gara e da quella esperienza, da quella gara e dalle otto successive, Gino comprende quella che sarà la sua strada e si pone un nuovo obiettivo: diventare un corridore, un ciclista.
Sa che non sarà facile, lo capisce subito. Correre in bici significa anche cadere. A volte non sono i sassolini o le strade sconnesse a provocare le cadute, a volte gli è tutto da rifare, perché, come il nostro autore scrive, il mondo è sempre sbagliato perché c’è sempre qualcuno più furbo che ti vuole fregare e spesso ci riesce[1].
Gino non si arrende, impara a rimettersi in piedi, sì perché il segreto, dopo una caduta, sta nel rialzarsi, nel rimettere insieme i pezzi di sé e rimettersi in cammino. Lo ha fatto tante volte il campione di Ponte a Ema, tutte le volte che la vita lo ha messo alla prova, anche dopo la morte del caro fratello Giulio a seguito di un incidente.
In realtà Gino, a seguito di quella triste circostanza, non ha più voglia di correre in bici. Ci pensano due donne a sorreggerlo e a farlo rialzare da quella brutta e tragica caduta: la Madonna, alla quale Gino rivolge le preghiere nella cappella privata di casa Bartali, e la sua amata Adriana, che presto diventerà sua moglie, la quale gli fa capire che, non solo deve ritornare a correre, ma che, da quel momento in poi, deve correre per due, portando in alto la memoria di Giulio, ad ogni pedalata.
Attraverso il manuale di vita scritto da Angelo De Lorenzi, conosciamo un Bartali campione, ma anche un Bartali profondamente devoto a Santa Teresina di Lisieux, la religiosa scalza del Carmelo, beatificata nel 1923 e proclamata santa da papa Pio XI il 17 maggio 1925. Gino Bartali si avvicina proprio all’ordine del Carmelo, diventando terziario carmelitano nel 1937 a soli 22 anni, per ritrovare la serenità perduta nei momenti di sconforto e di tristezza. Una manifestazione di devozione cattolica e una professione di fede forte, scomoda in quegli anni, in cui il fascismo prende piede con le sue logiche di condotta e i suoi schemi di potere.
La vita di Gino Bartali si incastra con le vicende storiche e politiche di un’Italia scenario di cambiamenti profondi, un’Italia chiamata alle armi contro la Francia e l’Inghilterra, un’Italia dilaniata dalla mano dell’antisemitismo, e quella vita si fa testimonianza di fede immensa e di integrità morale. Il ragazzo di Ponte a Ema rischia la sua vita per sottrarre centinaia di ebrei alla minaccia delle persecuzioni nazionalsocialistiche. Gino, il Giusto tra le Nazioni, nasconde i documenti segreti nel telaio e nella canna della sua bicicletta per salvare gli ebrei in fuga dalle mani dei persecutori. Compie tutto in silenzio Gino, senza protagonismi, ma con un enorme slancio verso il bene e verso i fratelli.
Questo e tanto altro ancora c’è da scoprire nel testo di Angelo de Lorenzi, una scoperta che porta a un arricchimento nello spirito, perché leggendo sembra di viverle quelle vicende, sembra di sentirle pronunciare quelle preghiere di Bartali, fatte col cuore, manifestate col cuore, senza mettersi in mostra, perché “il bene si fa ma non si dice” e le “medaglie si attaccano all’anima e non al petto”.
Anche l’ultimo saluto a questa vita, Gino sceglie di darlo con le vesti bianche del terziario carmelitano, a conferma di una vita vissuta in semplicità e a pieni polmoni.
Grazie!