UFFICIO NAZIONALE PER LA PASTORALE DEL TEMPO LIBERO, TURISMO E SPORT
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Solidarietà e Sport

Mettete i vostri talenti al servizio dell’incontro tra le persone, dell’amicizia, dell’inclusione
14 Gennaio 2020

Il nostro tempo è vissuto all’ombra del mito dell’uomo che si è fatto da sé, il self-made-man: l’uomo determinato e autosufficiente, che non ha bisogno di nessuno, che si lancia all’avventura e conquista il proprio successo.

E d’altra parte le varie mode, di cui il “selfismo” è la più diffusa, manifestano che siamo una società malata di narcisismo, cioè di un io che guarda sé e che vede girare il mondo attorno a sé.

Eppure la vita, nelle sue dinamiche più naturali e profonde, ci insegna che prima dell’io c’è il noi e che, perché ci sia un io maturo ed equilibrato, è necessario che ci sia un NOI sano che faccia da culla e da humus per la crescita e la maturazione. L’esempio più lampante? Il nostro esistere.

Non ci siamo fatti da noi, non abbiamo deciso la nostra nascita, ma non ci siamo neanche resi conto (la capacità razionale arriva qualche anno dopo la nascita) che eravamo stati concepiti. Tutto quello che siamo  e facciamo lo dobbiamo a chi ci sta intorno: mangiare, lavarsi, spostarsi, dormire, curarsi, vestirsi, proteggersi… tutto è fatto da altri. Siamo nelle mani di tanti NOI. E passeranno diversi anni prima che l’essere umano arrivi alla piena autonomia e capacità di autogestione.

Questa è l’esperienza fondamentale da cui ricaviamo che ciascuno di noi è un DONO: uno specialissimo regalo frutto di tante mani e tanti cuori. Ed è proprio questa la categoria antropologica, cioè profondamente e veramente umana, che ci connota. Noi siamo dono e ci realizziamo come persona nella misura in cui continuiamo ad essere dono. È questo il motivo per cui l’egoismo, che è centratura estrema su se stessi, in modo sterile e rovinosa, ci porta tristezza e malinconia. Perché l’egocentrismo, la chiusura in se stessi, il narcisismo sono la negazione radicale del nostro essere.

Noi siamo talenti ricevuti. Attenzione. Non abbiamo dei talenti, siamo dei talenti, ricevuti in dono. E allo stesso tempo siamo talenti da donare, perché se rimangono solo per noi, per il nostro interesse e tornaconto, si spengono, come una fiamma a cui viene a mancare l’ossigeno. Siamo nati per una grande causa, la più alta che ci sia, la sfida di sempre: la fratellanza tra tutti i popoli. E tutto di noi può concorrere a questa causa, e così restituire un po’ di quel NOI che abbiamo inconsapevolmente ricevuto.

Due domande possiamo farci: perché ho ricevuto questi talenti che riconosco in me? E ancora di più per chi li voglio mettere in gioco?

Come dice il documento «Dare il meglio di sé», riprendendo le parole di San Giovanni Paolo II al Football Club del Barcellona (1999), «Mettete i vostri talenti al servizio dell’incontro tra le persone, dell’amicizia, dell’inclusione».

Don Claudio Belfiore, Presidente Salesiani per lo Sport