di Gionatan De Marco, direttore UNTS della CEI
Le coordinate dello stile di ogni Cammino di fede che attraversa l’Italia verso le sue innumerevoli mete sono – secondo il modello del turismo conviviale – lentezza, benessere e festa.
La lentezza racconta l’uomo a se stesso. Siamo figli della strada e la lentezza dei cammini permette di ritrovarsi viandanti che hanno la strada per casa, ma non una strada impestata di briganti che derubano serenità, ma traboccante di amici ospitali che esaltano la preziosità di ognuno. La lentezza fa assaporare i respiri e dà voce al silenzio.
La lentezza dispiega i sogni e tesse sentieri di novità. La lentezza fa riscoprire il proprio essere sistema aperto: per vivere è essenziale incontrare e comunicare. La lentezza detta pagine di storia inaudita, in cui il tempo si fa amico.
Lungo i Cammini di fede per ogni cosa c’è un tempo! Il tempo del riposo e il tempo della fatica, il tempo del sorriso e il tempo delle lacrime, il tempo dei sogni e il tempo del reale. Per ogni cosa c’è un tempo.Un tempo che nasconde possibilità di realizzare fatti di bene e di pace, fatti di amore e di fraternità, fatti belli di vita vissuta in pienezza, in cui guardare lentamente il mondo, non passare di sfuggita.
«Il viaggio è conoscitivo se ci fermiamo, sgraniamo i nostri occhi e consentiamo loro di imprimere un meraviglioso fotogramma all’interno delle nostre pupille dilatate dalla meraviglia dello spettacolo osservato. Lo sguardo che abbiamo del mondo non può essere reale se lo affidiamo allo scatto di una foto, né tantomeno può essere quello fugace dietro il finestrino di un’auto in corsa. Guardare con i propri occhi ci permette di conoscere, di sentire, di assistere, di assaporare, di esplorare, di gustare, di meravigliarci, di incuriosirci» .
E possiamo fare tutte queste cose solo sperimentando il risvolto benefico della lentezza. «Il viaggio lento, quello che dà da gustare luoghi e sapori, colori e odori, persone e storie, il viaggio che ha il tempo per scolpirci in profondità è arte da recuperare, da insegnare perfino: forse proprio attraverso quest’arte dimenticata possiamo un po’ recuperare la dimensione più umana dell’esistenza» .